martedì 18 dicembre 2012

En attendant (39+5)

Beh, quando arrivi? Ci siamo quasi, ormai. Giusto?
Ogni notte mi aspetto di essere svegliata da dolori atroci, le leggendarie doglie.
Partorirai con dolore...
E invece dormo che è un piacere, nonostante l'ingombro anteriore.
Mi sveglierei anche tardi, se non fosse per la fame atroce che mi coglie non appena sollevo le palpebre.
A dire il vero, non avrei mai pensato di desiderare le doglie. Oddio, a dirla tutta il mio è un desiderio contrastato: da un lato vorrei conoscerti subito, dall'altro ho paura del dolore e anche di tutto quello che verrà dopo.
Non credo di rendermi ben conto che la mia - che la nostra vita - sta per cambiare in modo così radicale.
In questi mesi ho sperimentato la fame più viscerale che avessi mai conosciuto, l'immobilità, l'obesità, l'affanno, le angosce. E adesso è come se finalmente mi fossi abituata a questa condizione, come se dovesse durare per sempre.
Non riesco a credere che sia una questione di giorni.
Ma immagino che ci riuscirò, non appena sentirò la prima, spaventosa fitta.
Sono pronta. Un bel respiro e...

martedì 4 dicembre 2012

Gigantic, a big big love (37+5)

Ho avuto una visione di una giornata d'inverno, noi due seduti al tavolo di un soggiorno che non è il mio, davanti a una grande finestra, impegnati a comporre un puzzle.
Forse sarà stata la riminiscenza di un qualche momento della mia infanzia, perché la luce e i colori erano così anni Settanta, eppure mi sono commossa.
Dicono che per qualche tempo i neonati non si rendono conto di non essere più parte del corpo della madre, e questa cosa mi affascina incredibilmente; mi chiedo se sarà così anche per te, magari anche per me. Non riesco a immaginare di non averti più qui dentro, eppure succederà, succederà presto, anche se apparentemente tutto tace.
Vedrò il tuo viso, che mi nascondi da nove lunghi mesi, e penserò che sei bello, o che sei un piccolo mostro come tutti i neonati, penserò che sei il mio, parte di me, desiderato come mai nessuna cosa al mondo.
Accadrà tutto questo, o almeno lo spero. Lo spero perché, ammettiamolo, ancora non riesco a crederci, non ci credo proprio.
Oltre il ponte del dolore, oltre la prova che mi aspetta e che spero di riuscire a superare con dignità, ci sei tu. Cercherò di farmi forza pensando che sto per raggiungerti.

lunedì 19 novembre 2012

Non, rien de rien. Non, je ne regrette rien (35+4)

Ormai conto le settimane a ritroso, a cominciare dalla data presunta del parto. Domani mancherà un mese esatto. Un mese per riposarmi un po', per cominciare a entrare nell'ordine di idee che questo piccolo scalciatore di budella dovrà uscire da lì sotto. Un mese per crederci.
Ho visitato le sale parto, ho preparato la valigia, ho fatto spazio, ho imparato come identificare il momento in cui dovrò correre in ospedale.
Eppure non riesco a convincermi. Sono curiosa di sapere fin quando durerà questo scetticismo - forse fino alla sala parto, o magari fino ai suoi diciott'anni.
Perché ormai mi è chiaro che una mamma diversamente fertile non sarà mai come una mamma normofertile, e non lo dico certo in senso negativo.
Una mamma come noi sarà sempre parte di una comunità, sarà sempre solidale con le sue compagne di lotta - mamme di figli cercati con tenacia e sofferenza, mamme  potenziali e mamme mancate - e avvolta dalla solidarietà di chi ha capito e riflettuto in modo davvero profondo sul significato di avere un figlio.
Una mamma come noi non darà mai nulla per scontato, non pronuncerà mai frasi insensibili, non giudicherà mai in modo sbrigativo le scelte di un'altra donna.

Io credo che davvero, indipendentemente dall'esito, siamo tutte mamme. Ci sono giorni in cui vorrei dimenticare come sono arrivata fin qui, rimuovere tutto e avvolgermi in una parvenza di normalità. Ma poi bastano una frase superficiale sulla fecondazione assistita, la storia di una donna, una carta che spunta fra i miei documenti medici a far riaffiorare questo spirito battagliero che ormai fa parte di me e di cui vado orgogliosa.

Non so se vorrei rifare tutto, non so se ne avrei la forza. Ma una cosa è certa: è andata così, e io non rimpiango nulla, nulla. Voglio guardare avanti, vivere ogni giorno di questo mese e di questa attesa che mi è stata concessa, e viverla come una che sa di essere stata sommamente fortunata ma anche sommamente cazzuta.

mercoledì 17 ottobre 2012

I've got you under my skin

Mi tiene compagnia, tutto questo ribollire della pancia. A volte è così viscerale che mi spaventa e m'impressiona, ma credo che mi mancherà, un giorno.
We're one, but we're not the same...
Siamo già alla fine del settimo mese, tu pesi un chilo e otto e sei lungo quaranta centimetri.
Il tempo è volato, e io comincio solo adesso a rendermi conto che mi sta capitando una cosa nella quale non speravo, una cosa che un tempo credevo succedesse a tutte le donne, e che invece poi si è rivelata così dannatamente difficile, così miracolosa per noi, per me e per tuo padre.
Voglio restare tranquilla, voglio godermi questa cosa strabiliante che, con buona probabilità, non mi succederà mai più. La mia vita un po' sghemba, alla fine, ha voluto regalarmi quest'occasione inattesa.
E non intendo sprecarla.
Basta con le angosce, è ora di vivere a pieno gli ultimi due mesi in cui potrò ospitarti nel mio corpo.
Non avere fretta, resta qui, godiamocela.

giovedì 9 agosto 2012

Ma quanto mi costi?

Dover fare la morfologica a metà agosto non è esattamente la cosa più semplice del mondo. Tutti i medici sono in ferie, e trovare un posto è quasi impossibile. Così, abbiamo deciso di prenotarla privatamente, e di farla 3D per poter vedere in faccia questo piccolo Diavolo della Tasmania che si agita sotto il mio ombelico. Per la modica cifra di 200 euro.
Fatto sta che, a qualche giorno dall'appuntamento, mi richiama una struttura pubblica dove avevo cercato di prenotare per dirmi che c'è posto. Fantastico! Disdiciamo il privato e passiamo al pubblico, no? No, perché il 3D poi dove lo mettiamo? E poi negli ospedali sono sempre così sbrigativi... facciamole tutte e due, prima privatamente e poi, visto che del pubblici ci fidiamo di più, anche in ospedale.
Ottimo. Stamattina andiamo al centro privato, sganciamo i soldi e ci fanno aspettare un'ora oltre l'orario d'appuntamento. La sonda 3D non funziona, quindi pace, mi restituiscono parte della cifra esborsata. Infine, la dottoressa è una specie di Margherita Buy le cui parole possono essere udite solo da chi sente gli ultrasuoni, comunicativa come un ghiacciolo algida e spingitrice di oance (ho un sacco di fitte alle ovaie, adesso).
Risultato: abbiamo buttato via 179 euri, ma almeno sembra che sia tutto ok e me ne starò un po' più tranquilla nell'attesa della seconda morfologica, la settimana prossima. E l'ecografia del terzo trimestre la prenoto con il pubblico.
Purtroppo, la faccia di Battagliero non siamo riusciti a vederla... continua a esibire gli attributi maschili con grande nonchalance, probabilmente punta tutto su quello. Bravo, tutto sommato mi sembra la scelta giusta.

martedì 31 luglio 2012

Anche Libero va bene

46xy.
Già, Battagliero ha un pisello...  Ho sempre pensato che fosse maschio, poi la ginecologa mi ha insinuato il dubbio che fosse una femmina e così sono entrata in quell'ordine di idee... e adesso si scopre che è maschio!
Niente vestitini fru fru e danza classica, dunque... o magari sì. Non so se immaginarlo teppistello, sciupafemmine o gay della moda, ma quel che conta è che finalmente vedrò come sarei da maschio, una cosa che ho sempre desiderato.
Alterno sorrisi nell'immaginarlo infante coccolone e smorfie di terrore nel prefigurarlo adolescente con piede puzzone spaparanzato sul divano.
In famiglia siamo sempre state tutte donne, a parte mio papà, quindi sarà un esperimento quantomeno interessante inserire un elemento di disturbo. Sono così frastornata, scoprire il sesso ha reso tutto più reale, anche se ancora non lo sento muoversi.
E forse sarà perché non sono più di primo pelo, o magari perché è stata tanto dura arrivare fin qui, ma ogni tappa di questo percorso la vivo con piena consapevolezza, con tutta me stessa.
Credo che me ne ricorderò, insomma.
Io intanto sto diventando felicemente grassa, e c'è ancora tanta strada da fare.
Tieni duro ghiacciolino mio!

venerdì 6 luglio 2012

Cinque minuti col fiato sospeso

Un ago lungo lungo infilato nella pancia - o così dicono, perché io non l'ho nemmeno visto. Stavo lì a occhi chiusi come se mi avessero piazzata sul patibolo. Non ti ho nemmeno guardato nello schermo. Un pizzicotto e via, mi hanno rispedita a casa, e ora si aspetta.
Abbiamo voluto sapere, e sapremo.
Ma io sono purtroppo abituata ad aspettare risultati, e so come si fa... come Rossella O'Hara.
Ci penseremo domani. Domani è un altro giorno.

mercoledì 13 giugno 2012

Tre mesi

Quasi sette centimetri (di cui gran parte testa) e un osso nasale perfetto.
Sono sollevata, non so cos'altro dire.
Continua così, Battagliero, che a breve abbiamo l'amniocentesi.

venerdì 18 maggio 2012

Bon voyage

Ieri ti ho rivisto. Ti muovevi e il tuo cuore batteva fortissimo. Oggi ti porto a Londra. Ho un po' di paura ma voglio cercare di essere ottimista, e un po' felice. La dottoressa dice che non sei una malattia, ma una condizione. Fa' il bravo, mi raccomando. Io ti prometto che non mi stancherò e che ci riposeremo un po', pensando solo a cose belle. Buon viaggio a noi, Battagliero!

martedì 8 maggio 2012

Hang on in there, Battagliero!

7+4
C'è ancora, è sempre lì e il suo cuore batte.
Battagliero è quintuplicato e per ora sta bene.
Il mancato accolamento si sta rimarginando bene.
Che dire? Sono immensamente sollevata, anche se sempre con i piedi per terra.
Siamo ancora così all'inizio e la strada è lunga.
Ora posso cominciare ad abbandonare la mia "cuccia" e riacquistare l'uso delle gambe.
Ora posso decidere a mente pulita se rinunciare al mio week end londinese, e dipende solo da me, da come mi sento. Credo che deciderò la sera prima.
Ora posso ricominciare da zero, o quasi.

domenica 29 aprile 2012

25 aprile di sangue

Volevamo soltanto fare un pic-nic, uno stupido, innocuo pic-nic. C'era il sole, e una brezza fresca. Io ho preparato l'insalata di pasta. Mi sono infilata le scarpe per uscire a comprare qualche pasticcino prima che chiudesse la pasticceria. Poi squilla il telefono. È I, mi dice ansimante che sta portando B. al pronto soccorso per una minaccia d'aborto. Il sangue mi si raggela. Nessuno di noi immaginava che B. fosse incinta. E adesso non possiamo nemmeno rallegrarci per lei. Sento una voragine nello stomaco, apro il contenitore dell'insalata di pasta e me ne mangio una buona porzione. Ma questo non basta a scacciare la paura e la tristezza. Passo il pomeriggio sul divano in attesa di notizie,qualcosa di più oscuro della preoccupazione mi paralizza. Poi il verdetto: la minaccia si è trasformata in realtà. Posso solo immaginare come si sentano B. e il suo compagno: anche il loro percorso non è facile. Ma sono sicura che ce la faranno. Io e il Dispensatore decidiamo di uscire. È la festa della Liberazione e ci sono i canti dei partigiani nei quartieri.E così ci ritroviamo a passeggiare per la periferia cantando "I morti di Reggio Emilia" e "Fischia il vento". I miei ormoni mi fanno commuovere a ogni strofa. E poi comincio a sentire freddo, e stanchezza. L'intestino non mi dà tregua da giorni, mugola, si contorce, decido che è il caso di tornarmene a casa e di mettermi tranquilla. Ma mentre cammino verso la macchina sento qualcosa di caldo scendere fra le gambe. Capisco immediatamente che il destino sta imbastendo la più incredibile, paradossale, grottesca coincidenza. M'infilo sul sedile e controllo: sangue, sangue rosso vivo e dolori. "Mi dispiace",dico al Dispensatore mentre corriamo al pronto soccorso. Dire alle infermiere in accettazione che sono incinta mi fa un effetto strano. "Almeno per una volta ho potuto affermarlo", penso. Dopo aver risposto a un interrogatorio che sembra fatto apposta per farmi confessare che no, questa gravidanza non è esattamente naturale, ma frutto di un'ICSI, salgo sul lettino sentendomi discriminata e con la rassegnazione del condannato a morte. Il medico infila la sonda e guarda lo schermo perplesso, poi mi dice: "C'è una gravidanza in utero, venga anche lei a vedere", aggiunge facendo segno al Dispensatore di avvicinarsi. "Quel puntino che pulsa è il cuore". Per la prima volta riusciamo a crederci. Ci sorridiamo. Eppure c'è quel sangue, tanto sangue. La sonda è tutta sporca, il medico mi porge un assorbente del 1922 con quella che si direbbe un'aria alquanto schifata. Il fatto è che c'è un distacco. Un misterioso "distacco corio deciduale al polo inferiore in via di organizzazione". Non suona troppo incoraggiante e il mio sorriso si spegne. In cinque minuti sono passata dalla rassegnazione alla gioia e poi al terrore. "Si è staccato o forse non si è mai attaccato bene, signora". (Mio Dio, ho lavorato troppo, sono stata in piedi per una settimana, in giro per il Salone del Mobile!) "Del resto, metà delle donne sanguina in gravidanza quindi se ne torni a casa e aspetti, la natura farà il suo corso. Se il sangue continua rosso non si allarmi troppo, se si scurisce meglio, se ha forti emorragie e dolore lo sta perdendo, non serve che torni". (È davvero così sconveniente che una primipara sanguinante corra al pronto soccorso???) "Saprà che alla sua età gli aborti spontanei sono piuttosto frequenti" (Ho 37 anni, Cristo, non 50! E poi chi meglio di me può sapere che non ho molto tempo? Perché ogni volta devono fartelo notare? Quante ventenni ci sono che mettono al mondo un figlio?). "Ma visto il vostro percorso il fatto che si sia sviluppata una gravidanza nel posto giusto è molto incoraggiante per il futuro". (E sticazzi, aggiungerei) "Il destino di questa gravidanza è già scritto ma purtroppo non possiamo saperlo". (Il premio Giacomo Leopardi se lo merita tutto). E così eccomi qua, immobile nel letto da tre giorni, nell'attesa che la natura faccia il suo corso. Non so a quanto possa servire questo riposo forzato, ma ho paura persino a respirare. Vedo la mia immagine riflessa nello specchio del bagno, sono pallida e scheletrica. Non sembro proprio una donna incinta. Mi chiedo che cosa stia succedendo lì dentro, ma lo saprò solo all'ecografia, fra 10 giorni. Il sangue si è fermato subito, ma nessuno può dire se sia davvero incoraggiante. All'improvviso, tutti sanno quello che mi sta succedendo - non potevo chiudermi in casa per due settimane raccontando bugie. Ho quasi l'ansia da prestazione. Ho sempre pensato che la gravidanza non fosse una malattia, beh... Mi sto ricredendo. Ci sei ancora, Battagliero?

lunedì 23 aprile 2012

Olga la rossa

Una notte, mia nonna ha fatto un sogno.
Sua madre, la mia bisnonna - la "strega" della famiglia, la rossa Olga, la ragazza madre sedotta e abbandonata da un ricco seduttore - le sfiorava una gamba, porgendole una bambola.
"Che cosa vuoi, mamma?", chiedeva mia nonna. "Che cos'è questa bambola, e per chi è?".
"Per F.", rispondeva Olga.
Qualche giorno dopo, mia sorella ha svelato a mia nonna la sua seconda gravidanza. Lei non si è scomposta più di tanto: negli ultimi anni sono arrivati due nipotini, non è più come la prima volta.
Però ha raccontato il suo sogno a mia sorella e a mia madre.
"Olga stavolta dev'essersi sbagliata", ha detto mia madre. "La bambola è di M., non di F.".
"No", ha ribadito mia nonna. "Sono sicura che la bambola è di F.".

Venerdì scorso ho rifatto le beta: più che raddoppiate in due giorni. La ginecologa mi ha detto che vanno bene, e mi ha fatto fissare la prima ecografia per il mese prossimo. Io sono un nodo di paura, il cuore batte a mille ogni momento, ma a tratti percepisco ondate di calore e commozione all'altezza dello stomaco.
Ho davanti una lunga strada, è inutile negarlo. Non esistono cieli tersi.
Tutto è complicato, nella mia vita, tutto è conquistato con le unghie e con i denti.
Ma adesso voglio mettere da parte le vecchie paure e concentrarmi sulle nuove.
Voglio - desidero con tutta me stessa - che Olga la rossa non si sia sbagliata.
O meglio che si sia sbagliata soltanto un po'.
E che ci sia una bambola per ciascuna di noi due.

giovedì 19 aprile 2012

Ready for the worst?

Avevo indovinato: devo rifare le beta.
Purtroppo, ai dottori questa imperfezione matematica non piace; avevo sperato in un maggior estro creativo, da parte loro, in una certa fascinazione per le stravaganze, ma nulla da fare. La tortura cinese mi tocca un'altra volta, con tanto di attesa per tutto il weekend per poter richiamare e sapere che cosa ne sarà di noi.
Il Dormiglione e io, molto meno battagliera di lui, restiamo qui ad aspettare, senza nessuno con cui sfogarci, e con tante pubbliche relazioni da fare come se niente fosse.
Il mio ottimismo, per ora, non è pervenuto.
Opterò per il fatalismo del Dispensatore: "abbiamo fatto quello che dovevamo fare, ora succederà quello che deve succedere".
Già, nella mia pancia, però. Il che non è troppo rassicurante.
Ma più di strane operazioni da macelleria dal nome ruvido come "raschiamento", quello che temo è come mi sentirò poi. Quanto finirò per odiare le gravide e felici, sorellina compresa (potevamo aspettare insieme, quanto mi farà disperare questo pensiero?). Quanto mi verrà da piangere davanti a pance e bambini? E riuscirò mai a risollevarmi e a ritentare?
Essere un po' incinta è già stato così difficile... non pensavo che anche "restarlo" fosse un'impresa titanica.
Beh, ora lo so.

mercoledì 18 aprile 2012

Lascia o raddoppia?

Il secondo numero è 1491,95.
Le mie beta hanno superato la barriera del 1.000 (spero che almeno si vinca qualcosa), ma non sono raddoppiate.
Stanno in quel limbo che non mi consente di gioire né di disperare.
Stesso laboratorio, stessa ora, stessi percorsi, stessi rituali per non rischiare di sbagliare qualcosa.
Mancano 173 punti al raddoppio.
Non sono pochi, e non mi resta che sperare che il mio corpo, come me, abbia qualche problemino con la matematica.
Vorrei essere una venticinquenne fertile e spensierata nel 1970, quando le beta stavano solo sul quaderno di algebra.
Dopo, sono rimasta in macchina per un'ora a consultare i forum più allarmanti del web. Pioveva, il vetro si appannava, la gente entrava e usciva da una pasticceria e il cicalino della porta continuava a suonare.
Se oggi ero quasi riuscita a crederci, adesso ho di nuovo paura.
Paura di una delusione che, solo ora me ne rendo conto, forse sarebbe troppo pesante da portarmi addosso.
Sento la pancia pulsare, le lacrime spingere dietro gli occhi.
Sto affrontando un gigante, e il gigante mi sovrasta, mi soverchia.
Ma devo resistere, devo lavorare, non ho mai lavorato tanto come in questi giorni, probabilmente troppo, a giudicare dalla spossatezza del mio corpo.

La verità è che soltanto un numero di telefono sempre occupato e la voce di una sconosciuta potranno consegnarmi il verdetto, domani, fra le due e le tre del pomeriggio, quando dovrò chiudermi da qualche parte per fare le solite venti telefonate prima di riuscire prendere la linea.
Probabilmente, la sconosciuta mi consiglierà di ripetere l'esame.
E allora stesso laboratorio, stessa ora, stesi percorsi, stessi rituali.
Per non rischiare di sbagliare qualcosa.

lunedì 16 aprile 2012

832,42

Questa mattina sono andata al laboratorio a fare le beta.
Ho passato tutta la giornata in giro a lavorare, da sola. O meglio in compagnia dell'angoscia, del mal di testa e delle nausea. Sindrome premestruale, o una buona imitazione.
Ma soprattutto della paura.
Poi, stasera, sono uscita di fretta per ritirare i risultati, sempre da sola.
E c'era un numero. 832,42. Non so che cosa diavolo voglia dire, ma è pur sempre un numero, e voglio farmelo piacere.
Solo ch,e superato ogni ostacolo, subito se ne innalza un altro. Sarà abbastanza alto, quel numero? E crescerà?
Anche in questo caso, sono sola. Alla clinica non rispondono prima di domani alle due, quando dovrò assentarmi con una scusa dal lavoro per provare a prendere la linea...
Se l'assenza era un assedio, per citare Piero Ciampi, l'attesa lo è altrettanto.
Meglio abituarsi.

domenica 15 aprile 2012

Keep Calm and Carry On

La cosa più triste del mio primo test di gravidanza positivo è che non riesco a crederci.
Questi anni mi hanno resa così cauta e pessimista che non riesco a essere contenta.
Le prime cosa che penso: biochimica, geu, falso positivo.
Vorrei essere una venticinquenne fertile e spensierata che esulta di fronte a quella linea bella marcata, pensando a quello che verrà con ottimismo, ma non è così, purtroppo. Né per me, né per il mio pacato dispensatore di spermatozoi. Restiamo lì, in silenzio di fronte a quel test, terrorizzati dalla prospettiva di ricevere una delusione, troppo timorosi per sorridere. Forse perché ho passato le ultime due settimane a "non sentirmi incinta", a contare i sintomi premestruali (che continuo a sentire, fra l'altro) a piangere, a leggere libri sulla PMA, a programmare i prossimi tentativi. Però voglio cambiare programma. Voglio provare a sentirmi incinta almeno fino a domani, quando farò le beta. Positive mood on. Non voglio formulare una profezia che rischierebbe di autoavverarsi. Voglio farlo per Battagliero, il nostro blastocisti solitario, il Dormiglione che ha dovuto affrontare i ghiacci per tornare da me. E qualcosa deve aver fatto, Battagliero, almeno un tentativo di aggrapparsi.
Resta calma, mi dico, resta calma e va' avanti. Come in quel cartello inglese durante la guerra. Un passo alla volta. Uno alla volta.

giovedì 12 aprile 2012

A prayer on 9 pt

See, the life I've had can make a good girl bad.
So for once in my life let me
get what I want

Lord knows, it would be the first time.

mercoledì 4 aprile 2012

"Magra" consolazione

Quante volte, negli ultimi mesi e anni, ho sentito quel vuoto allo stomaco.
E' una specie di sobbalzo poco sotto il petto, come se il cuore inciampasse per un attimo. Poi ricomincia tutto daccapo, la disperazione, a rabbia, l'invidia. E infine, puntualissimo, il senso di colpa.
Già, perché la cosa più terribile del sentirsi dire quelle due fatali parole - sono incinta - è proprio l'inestricabile e controversa tempesta di sentimenti che scatena.
Succede con l'amica ultraquarantenne e scettica, con la conoscente ventenne ed entusiasta, persino quando la notizia ti viene riferita da terzi e riguarda perfette sconosciute.
E poi succede con tua sorella più piccola, e allora tutto diventa ancora più difficile. Soprattutto se lei ha già una figlia e hai già dovuto affrontare tutto questo. Soprattutto se due giorni dopo devi sottoporti a un tranfer embrionario e sei imbottita di ormoni fino al collo.
Lei te lo confessa con timore, quasi che dovesse infliggerti suo malgrado una coltellata. Ed è così, a dire il vero. Perché? Perché proprio adesso? Perché, se sapevi a che cosa mi sto sottoponendo, non mi hai lasciato il tempo di provarci? Perché le cose non possono andare secondo natura? La sorella maggiore dovrebbe avere figli per prima, non assistere ai tuoi parti mentre i suoi capelli imbiancano, non vedere tutte le ragazzine a cui ha fatto da balia diventare madri!
Vorresti essere felice. E lo sei, a conti fatti. Ma sei anche talmente disperata per te stessa che non riesci a dimostrare entusiasmo per lei. Stenti a trattenere le lacrime. E, cosa ancora peggiore, te lo fanno notare.
"Un brindisi al bambino nuovo, visto che nessuno ha dimostrato entusiasmo", dice mia madre.
Un'altra stoccata. Eppure, anche lei sa quello che sto passando. Purtroppo non può capirlo, e per questo la invidio. Appartiene a quella generazione alla quale bastava pensarlo, un figlio, per averlo tra le braccia.
Ecco un'altra cosa che riuscirà ad allontanarmi da casa, mi dico. Proprio adesso che sentivo la disperazione alleggerirsi, che pensavo al fatto che sto per sposarmi, che mi godevo mia nipote senza pensare che forse non le avrei mai dato una cuginetta. Eppure, basta un annuncio a farmi ripiombare negli inferi. Non ero guarita, in fondo. Basta il pensiero di dover affrontare un'altra gravidanza in famiglia da spettatrice. Basta vedere i figli delle mie cugine più piccole che giocano insieme come facevamo noi una volta. Basta immaginare lo sguardo impietosito dei parenti che si dicono quanto io sia sfortunata.
Perché il mondo la sterilità non te la perdona. I lieti annunci non finiranno mai, e nemmeno il senso di colpa, se non imparerai a fartene una ragione. Vedrai i figli dei tuoi amici e dei loro figli, vedrai persino i figli dei tuoi nipoti...
E il fatto che io sia meravigliosamente magra, come mi fa notare mia madre quasi per darmi il contentino, non è affatto una consolazione. E' il risultato del logorio che la mia mente m'infligge, del batticuore costante, della colpa che sento per non aver consentito a mia sorella di gioire spensieratamente della sua gravidanza.
Mi spiace tanto, sorellina mia, ma in questo momento sono io, quella da proteggere.

Questo è lo stato d'animo con cui ieri mi sono sottoposta al mio secondo transfer. Ero così a terra che quasi speravo la mia blastocisti solitaria non ce la facesse a scongelarsi, terrorizzata al pensiero di dover affrontare queste due settimane.
Ma lei è stata battagliera, e come Woody Allen nel Dormiglione ha ripreso vita, e così tutto è andato secondo i piani.
Continuo a dirmi che forse avrei dovuto aspettare un altro po', che non sono pronta, che il destino non premia chi coltiva sentimenti negativi.
Ma poi penso a come gira il mondo e mi dico che non c'è un destino, che non c'è un disegno intelligente.
In fondo, è una fortuna che l'intensità dei miei sentimenti mi abbia impedito di essere diplomatica e di nascondere la rabbia e la tristezza. Credo che ammettere come mi sento sia il primo passo verso la guarigione. O almeno lo spero, lo spero davvero.
Affronterò anche questa attesa, con i capogiri, il batticuore e le lacrime sempre in agguato.

lunedì 19 marzo 2012

Cinque giorni

Cinque giorni, cinque, di ritardo.
Mi era già capitato, qualche volta, ma mai così a lungo - abbastanza a lungo da cominciare a illudermi, nonostante sapessi che potevano essere stati gli ormoni, nonostante sapessi quanto fosse improbabile, nonostante cercassi di essere pessimista.
Perchè a volte penso ancora che possa esserci un disegno nelle cose, un piano preciso che qualcuno ha stabilito per me. E che a un'atea basti accendere un cero a una santa sconosciuta per cambiare il corso del Destino.
Così, ho cominciato a credere di essere rimasta incinta nell'attesa del prossimo transfer.
E invece era la solita beffa, quella unita all'inganno, che fa ancora più male, che ti abbatte al punto da farti dubitare che potrai risollevarti.
Mi pesa sulle spalle una spossatezza che non lascia troppo spazio allo spirito d'iniziativa. Una stanchezza di essere me, un desiderio di uscire da questo corpo e di strisciare in un altro qualsiasi, una segreta speranza di annullamento.
La guerra, nonostante tutto, continua.

venerdì 10 febbraio 2012

La blastocisti solitaria

Ho chiamato il laboratorio per sapere che cosa ne è stato dei miei tre embrioni sovrannumerari: ne resta solo uno, una blastocisti congelata. Mi chiedo che cosa ne sarà di lei: sopravviverà allo scongelamento, poverina? E se ce la farà, non si sentirà sola là dentro, nella steppa infertile? Se comincio ad affezionarmi anche agli embrioni è la fine: da qui al fanatismo religioso il passo è breve.
Le notizie sullo scongelamento sono contrastanti: c'è che dice che sopravvive solo un 50%, chi stima il 91% di possibilità. E io, che nelle percentuali rientro solo quando c'è da beccarsi una malattia rara e stronza, non so più che cosa pensare.
Nel frattempo, ho chiesto notizie dei due poveri e commoventi quattrocellule che sono finiti chissà dove dentro di me: erano belli, buona morfologia. Ma hanno deciso comunque di suicidarsi.
E mentre aspetto di ritirare le beta con la grande speranza che possono infonderti solo un test negativo e le mestruazioni... la consapevolezza che dovrò ricominciare tutto fra sei mesi o giù di lì si fa sempre più limpida, e s'impianta nel mio cervello come nessun embrione ha mai fatto nel mio utero.
In tutto ciò, il dispensatore di spermatozoi non dà segno della minima emozione. Beato lui.

giovedì 9 febbraio 2012

La questione non è se, è quando

Comincio a pensare che noi donne della PMA siamo dei piccoli Don Chisciotte destinati a combattere con fede cieca nelle nostre risorse emotive contro il mulino a vento della selezione naturale, quella che ha deciso che no, non siamo destinate ad avere figli, discendenti, continuazione genetica su questa terra.
Qualcuno potrebbe obiettare che non si tratta di selezione naturale in senso ortodosso - su questo non mi sento di discutere, sono troppo ignorante in materia per poter sollevare argomentazioni valide.
Ma concedetemi la licenza poetica: siamo giraffe dal collo corto che vogliono per forza arrivare a quell'albero lassù, a quella fogliolina verde e fresca fresca. Non ci trovo nulla d'irrazionale, né di ostinato.
In fondo non c'è nulla di diverso, nel nostro accanirci per dare la vita, da quello che fa un malato aggrappandosi con le unghie e con i denti alle cure per sopravvivere. Sempre di combattere la selezione naturale si tratta.
E allora perché tanti ci guardano con sospetto? Perché anche gli insospettabili ci tacciano segretamente di patetismo, accanimento, testardaggine, egoismo? Perché due pesi e due misure? In fondo, anche l'infertilità (o peggio sterilità, come insiste a scrivere il mio medico su tutte le impegnative e i certificati) è una "malattia" da curare, un ostacolo di aggirare.
E lo dico con cognizione di causa, perché mi sono trovata in entrambe le scarpe: ho lottato per la mia stessa vita e adesso, non paga, lotto per darla.
Nulla di particolarmente valoroso: è la natura che me lo impone, abbattendo con i suoi istinti tutti i miei scrupoli razionali.
Ho cominciato questo blog qualche tempo fa con un tono cupo e drammatico che in questo momento non mi si addice.
Strano a dirsi, visto che sono reduce dalla mia prima ICSI fallita. Eppure, in qualche modo, mi sento alleggerita. L'idea di avere avuto il coraggio di arrivare fin qui, di essere pronta a fare tutto il possibile per mettere al mondo questo benedetto bambino, di stare in qualche modo affrontando la "malattia" con le migliori cure a disposizione, mi rassicura.
Nessuno può garantirmi che funzionerà, ma intanto non lascio nulla d'intentato - finché potrò, finché ci riuscirò - affinché io non debba un giorno rimpiangere di non averlo fatto.
Fin qui sono stata un'inguaribile pessimista e non ha funzionato; adesso voglio provare a essere ottimista, a credere che la questione non è se ci riuscirò, ma quando.
E vaffanculo a te, Charles Darwin! Tanto mi sei sempre stato antipatico.