giovedì 14 aprile 2011

Se tutto quel che temevi potesse accaderti ti è già accaduto, forse non hai più molto da temere (tutto sommato)

Da bambina, come tutti i bambini, temevo una sola cosa: la morte. Sono morta, in un certo senso. Dodici ore di anestesia totale per risvegliarmi a un'altra vita, dove sono io ma non sono più io, in fondo. Mi hanno tolto qualche piccolo pezzetto ma me ne hanno attaccato uno di gran lunga più grosso: la certezza che sì, si può morire, e che può succedere anche a me. Il sospetto che non avrò bisogno d'invecchiare e che non dovrò preoccuparmi della pensione. La paura costante della ricaduta, della malattia.
Da bambina, a differenza degli altri bambini, temevo anche un'altra cosa: che non avrei potuto seguire le orme di mia madre. Che non avrei mai avuto una figlia, né, due, né tre. Anche questo, è accaduto. Sta accadendo, proprio adesso. Nonostante mi fossi convinta che dovesse esserci un risarcimento per quella mezza-morte. Nonostante abbia avuto l'ardire e la forza di mettere un tempo futuro davanti al presente, d'immaginarlo, di programmarlo mio malgrado con calcoli e stick e sesso svogliato.
Quattro anni di vita precaria e sospesa, punteggiata di verdetti sulla mia sopravvivenza. E due d'inutili, patetici tentativi di darle un seguito. Sognando chiese, persino, e accendendo ceri e candele, non tanto per chiedere di avere ma per riuscire a sperare, e per placare infantili sentimenti d'odio e d'invidia nei confronti delle bambine più fortunate di me, di quelle più giovani, di quelle altrettanto sfortunate che però un risarcimento l'hanno avuto.
Se tutto quel che temevi potesse accaderrti ti è già accaduto, forse non hai più molto da temere (tutto sommato). Eppure temi, e alzi la posta, e i timori s'ingrandiscono e si fanno più ambiziosi, come profezie che si autoavverano, finché non cominci ad aver paura di te stessa. Cassandra. Tu non sarai mai madre. Mai.