domenica 29 aprile 2012

25 aprile di sangue

Volevamo soltanto fare un pic-nic, uno stupido, innocuo pic-nic. C'era il sole, e una brezza fresca. Io ho preparato l'insalata di pasta. Mi sono infilata le scarpe per uscire a comprare qualche pasticcino prima che chiudesse la pasticceria. Poi squilla il telefono. È I, mi dice ansimante che sta portando B. al pronto soccorso per una minaccia d'aborto. Il sangue mi si raggela. Nessuno di noi immaginava che B. fosse incinta. E adesso non possiamo nemmeno rallegrarci per lei. Sento una voragine nello stomaco, apro il contenitore dell'insalata di pasta e me ne mangio una buona porzione. Ma questo non basta a scacciare la paura e la tristezza. Passo il pomeriggio sul divano in attesa di notizie,qualcosa di più oscuro della preoccupazione mi paralizza. Poi il verdetto: la minaccia si è trasformata in realtà. Posso solo immaginare come si sentano B. e il suo compagno: anche il loro percorso non è facile. Ma sono sicura che ce la faranno. Io e il Dispensatore decidiamo di uscire. È la festa della Liberazione e ci sono i canti dei partigiani nei quartieri.E così ci ritroviamo a passeggiare per la periferia cantando "I morti di Reggio Emilia" e "Fischia il vento". I miei ormoni mi fanno commuovere a ogni strofa. E poi comincio a sentire freddo, e stanchezza. L'intestino non mi dà tregua da giorni, mugola, si contorce, decido che è il caso di tornarmene a casa e di mettermi tranquilla. Ma mentre cammino verso la macchina sento qualcosa di caldo scendere fra le gambe. Capisco immediatamente che il destino sta imbastendo la più incredibile, paradossale, grottesca coincidenza. M'infilo sul sedile e controllo: sangue, sangue rosso vivo e dolori. "Mi dispiace",dico al Dispensatore mentre corriamo al pronto soccorso. Dire alle infermiere in accettazione che sono incinta mi fa un effetto strano. "Almeno per una volta ho potuto affermarlo", penso. Dopo aver risposto a un interrogatorio che sembra fatto apposta per farmi confessare che no, questa gravidanza non è esattamente naturale, ma frutto di un'ICSI, salgo sul lettino sentendomi discriminata e con la rassegnazione del condannato a morte. Il medico infila la sonda e guarda lo schermo perplesso, poi mi dice: "C'è una gravidanza in utero, venga anche lei a vedere", aggiunge facendo segno al Dispensatore di avvicinarsi. "Quel puntino che pulsa è il cuore". Per la prima volta riusciamo a crederci. Ci sorridiamo. Eppure c'è quel sangue, tanto sangue. La sonda è tutta sporca, il medico mi porge un assorbente del 1922 con quella che si direbbe un'aria alquanto schifata. Il fatto è che c'è un distacco. Un misterioso "distacco corio deciduale al polo inferiore in via di organizzazione". Non suona troppo incoraggiante e il mio sorriso si spegne. In cinque minuti sono passata dalla rassegnazione alla gioia e poi al terrore. "Si è staccato o forse non si è mai attaccato bene, signora". (Mio Dio, ho lavorato troppo, sono stata in piedi per una settimana, in giro per il Salone del Mobile!) "Del resto, metà delle donne sanguina in gravidanza quindi se ne torni a casa e aspetti, la natura farà il suo corso. Se il sangue continua rosso non si allarmi troppo, se si scurisce meglio, se ha forti emorragie e dolore lo sta perdendo, non serve che torni". (È davvero così sconveniente che una primipara sanguinante corra al pronto soccorso???) "Saprà che alla sua età gli aborti spontanei sono piuttosto frequenti" (Ho 37 anni, Cristo, non 50! E poi chi meglio di me può sapere che non ho molto tempo? Perché ogni volta devono fartelo notare? Quante ventenni ci sono che mettono al mondo un figlio?). "Ma visto il vostro percorso il fatto che si sia sviluppata una gravidanza nel posto giusto è molto incoraggiante per il futuro". (E sticazzi, aggiungerei) "Il destino di questa gravidanza è già scritto ma purtroppo non possiamo saperlo". (Il premio Giacomo Leopardi se lo merita tutto). E così eccomi qua, immobile nel letto da tre giorni, nell'attesa che la natura faccia il suo corso. Non so a quanto possa servire questo riposo forzato, ma ho paura persino a respirare. Vedo la mia immagine riflessa nello specchio del bagno, sono pallida e scheletrica. Non sembro proprio una donna incinta. Mi chiedo che cosa stia succedendo lì dentro, ma lo saprò solo all'ecografia, fra 10 giorni. Il sangue si è fermato subito, ma nessuno può dire se sia davvero incoraggiante. All'improvviso, tutti sanno quello che mi sta succedendo - non potevo chiudermi in casa per due settimane raccontando bugie. Ho quasi l'ansia da prestazione. Ho sempre pensato che la gravidanza non fosse una malattia, beh... Mi sto ricredendo. Ci sei ancora, Battagliero?

lunedì 23 aprile 2012

Olga la rossa

Una notte, mia nonna ha fatto un sogno.
Sua madre, la mia bisnonna - la "strega" della famiglia, la rossa Olga, la ragazza madre sedotta e abbandonata da un ricco seduttore - le sfiorava una gamba, porgendole una bambola.
"Che cosa vuoi, mamma?", chiedeva mia nonna. "Che cos'è questa bambola, e per chi è?".
"Per F.", rispondeva Olga.
Qualche giorno dopo, mia sorella ha svelato a mia nonna la sua seconda gravidanza. Lei non si è scomposta più di tanto: negli ultimi anni sono arrivati due nipotini, non è più come la prima volta.
Però ha raccontato il suo sogno a mia sorella e a mia madre.
"Olga stavolta dev'essersi sbagliata", ha detto mia madre. "La bambola è di M., non di F.".
"No", ha ribadito mia nonna. "Sono sicura che la bambola è di F.".

Venerdì scorso ho rifatto le beta: più che raddoppiate in due giorni. La ginecologa mi ha detto che vanno bene, e mi ha fatto fissare la prima ecografia per il mese prossimo. Io sono un nodo di paura, il cuore batte a mille ogni momento, ma a tratti percepisco ondate di calore e commozione all'altezza dello stomaco.
Ho davanti una lunga strada, è inutile negarlo. Non esistono cieli tersi.
Tutto è complicato, nella mia vita, tutto è conquistato con le unghie e con i denti.
Ma adesso voglio mettere da parte le vecchie paure e concentrarmi sulle nuove.
Voglio - desidero con tutta me stessa - che Olga la rossa non si sia sbagliata.
O meglio che si sia sbagliata soltanto un po'.
E che ci sia una bambola per ciascuna di noi due.

giovedì 19 aprile 2012

Ready for the worst?

Avevo indovinato: devo rifare le beta.
Purtroppo, ai dottori questa imperfezione matematica non piace; avevo sperato in un maggior estro creativo, da parte loro, in una certa fascinazione per le stravaganze, ma nulla da fare. La tortura cinese mi tocca un'altra volta, con tanto di attesa per tutto il weekend per poter richiamare e sapere che cosa ne sarà di noi.
Il Dormiglione e io, molto meno battagliera di lui, restiamo qui ad aspettare, senza nessuno con cui sfogarci, e con tante pubbliche relazioni da fare come se niente fosse.
Il mio ottimismo, per ora, non è pervenuto.
Opterò per il fatalismo del Dispensatore: "abbiamo fatto quello che dovevamo fare, ora succederà quello che deve succedere".
Già, nella mia pancia, però. Il che non è troppo rassicurante.
Ma più di strane operazioni da macelleria dal nome ruvido come "raschiamento", quello che temo è come mi sentirò poi. Quanto finirò per odiare le gravide e felici, sorellina compresa (potevamo aspettare insieme, quanto mi farà disperare questo pensiero?). Quanto mi verrà da piangere davanti a pance e bambini? E riuscirò mai a risollevarmi e a ritentare?
Essere un po' incinta è già stato così difficile... non pensavo che anche "restarlo" fosse un'impresa titanica.
Beh, ora lo so.

mercoledì 18 aprile 2012

Lascia o raddoppia?

Il secondo numero è 1491,95.
Le mie beta hanno superato la barriera del 1.000 (spero che almeno si vinca qualcosa), ma non sono raddoppiate.
Stanno in quel limbo che non mi consente di gioire né di disperare.
Stesso laboratorio, stessa ora, stessi percorsi, stessi rituali per non rischiare di sbagliare qualcosa.
Mancano 173 punti al raddoppio.
Non sono pochi, e non mi resta che sperare che il mio corpo, come me, abbia qualche problemino con la matematica.
Vorrei essere una venticinquenne fertile e spensierata nel 1970, quando le beta stavano solo sul quaderno di algebra.
Dopo, sono rimasta in macchina per un'ora a consultare i forum più allarmanti del web. Pioveva, il vetro si appannava, la gente entrava e usciva da una pasticceria e il cicalino della porta continuava a suonare.
Se oggi ero quasi riuscita a crederci, adesso ho di nuovo paura.
Paura di una delusione che, solo ora me ne rendo conto, forse sarebbe troppo pesante da portarmi addosso.
Sento la pancia pulsare, le lacrime spingere dietro gli occhi.
Sto affrontando un gigante, e il gigante mi sovrasta, mi soverchia.
Ma devo resistere, devo lavorare, non ho mai lavorato tanto come in questi giorni, probabilmente troppo, a giudicare dalla spossatezza del mio corpo.

La verità è che soltanto un numero di telefono sempre occupato e la voce di una sconosciuta potranno consegnarmi il verdetto, domani, fra le due e le tre del pomeriggio, quando dovrò chiudermi da qualche parte per fare le solite venti telefonate prima di riuscire prendere la linea.
Probabilmente, la sconosciuta mi consiglierà di ripetere l'esame.
E allora stesso laboratorio, stessa ora, stesi percorsi, stessi rituali.
Per non rischiare di sbagliare qualcosa.

lunedì 16 aprile 2012

832,42

Questa mattina sono andata al laboratorio a fare le beta.
Ho passato tutta la giornata in giro a lavorare, da sola. O meglio in compagnia dell'angoscia, del mal di testa e delle nausea. Sindrome premestruale, o una buona imitazione.
Ma soprattutto della paura.
Poi, stasera, sono uscita di fretta per ritirare i risultati, sempre da sola.
E c'era un numero. 832,42. Non so che cosa diavolo voglia dire, ma è pur sempre un numero, e voglio farmelo piacere.
Solo ch,e superato ogni ostacolo, subito se ne innalza un altro. Sarà abbastanza alto, quel numero? E crescerà?
Anche in questo caso, sono sola. Alla clinica non rispondono prima di domani alle due, quando dovrò assentarmi con una scusa dal lavoro per provare a prendere la linea...
Se l'assenza era un assedio, per citare Piero Ciampi, l'attesa lo è altrettanto.
Meglio abituarsi.

domenica 15 aprile 2012

Keep Calm and Carry On

La cosa più triste del mio primo test di gravidanza positivo è che non riesco a crederci.
Questi anni mi hanno resa così cauta e pessimista che non riesco a essere contenta.
Le prime cosa che penso: biochimica, geu, falso positivo.
Vorrei essere una venticinquenne fertile e spensierata che esulta di fronte a quella linea bella marcata, pensando a quello che verrà con ottimismo, ma non è così, purtroppo. Né per me, né per il mio pacato dispensatore di spermatozoi. Restiamo lì, in silenzio di fronte a quel test, terrorizzati dalla prospettiva di ricevere una delusione, troppo timorosi per sorridere. Forse perché ho passato le ultime due settimane a "non sentirmi incinta", a contare i sintomi premestruali (che continuo a sentire, fra l'altro) a piangere, a leggere libri sulla PMA, a programmare i prossimi tentativi. Però voglio cambiare programma. Voglio provare a sentirmi incinta almeno fino a domani, quando farò le beta. Positive mood on. Non voglio formulare una profezia che rischierebbe di autoavverarsi. Voglio farlo per Battagliero, il nostro blastocisti solitario, il Dormiglione che ha dovuto affrontare i ghiacci per tornare da me. E qualcosa deve aver fatto, Battagliero, almeno un tentativo di aggrapparsi.
Resta calma, mi dico, resta calma e va' avanti. Come in quel cartello inglese durante la guerra. Un passo alla volta. Uno alla volta.

giovedì 12 aprile 2012

A prayer on 9 pt

See, the life I've had can make a good girl bad.
So for once in my life let me
get what I want

Lord knows, it would be the first time.

mercoledì 4 aprile 2012

"Magra" consolazione

Quante volte, negli ultimi mesi e anni, ho sentito quel vuoto allo stomaco.
E' una specie di sobbalzo poco sotto il petto, come se il cuore inciampasse per un attimo. Poi ricomincia tutto daccapo, la disperazione, a rabbia, l'invidia. E infine, puntualissimo, il senso di colpa.
Già, perché la cosa più terribile del sentirsi dire quelle due fatali parole - sono incinta - è proprio l'inestricabile e controversa tempesta di sentimenti che scatena.
Succede con l'amica ultraquarantenne e scettica, con la conoscente ventenne ed entusiasta, persino quando la notizia ti viene riferita da terzi e riguarda perfette sconosciute.
E poi succede con tua sorella più piccola, e allora tutto diventa ancora più difficile. Soprattutto se lei ha già una figlia e hai già dovuto affrontare tutto questo. Soprattutto se due giorni dopo devi sottoporti a un tranfer embrionario e sei imbottita di ormoni fino al collo.
Lei te lo confessa con timore, quasi che dovesse infliggerti suo malgrado una coltellata. Ed è così, a dire il vero. Perché? Perché proprio adesso? Perché, se sapevi a che cosa mi sto sottoponendo, non mi hai lasciato il tempo di provarci? Perché le cose non possono andare secondo natura? La sorella maggiore dovrebbe avere figli per prima, non assistere ai tuoi parti mentre i suoi capelli imbiancano, non vedere tutte le ragazzine a cui ha fatto da balia diventare madri!
Vorresti essere felice. E lo sei, a conti fatti. Ma sei anche talmente disperata per te stessa che non riesci a dimostrare entusiasmo per lei. Stenti a trattenere le lacrime. E, cosa ancora peggiore, te lo fanno notare.
"Un brindisi al bambino nuovo, visto che nessuno ha dimostrato entusiasmo", dice mia madre.
Un'altra stoccata. Eppure, anche lei sa quello che sto passando. Purtroppo non può capirlo, e per questo la invidio. Appartiene a quella generazione alla quale bastava pensarlo, un figlio, per averlo tra le braccia.
Ecco un'altra cosa che riuscirà ad allontanarmi da casa, mi dico. Proprio adesso che sentivo la disperazione alleggerirsi, che pensavo al fatto che sto per sposarmi, che mi godevo mia nipote senza pensare che forse non le avrei mai dato una cuginetta. Eppure, basta un annuncio a farmi ripiombare negli inferi. Non ero guarita, in fondo. Basta il pensiero di dover affrontare un'altra gravidanza in famiglia da spettatrice. Basta vedere i figli delle mie cugine più piccole che giocano insieme come facevamo noi una volta. Basta immaginare lo sguardo impietosito dei parenti che si dicono quanto io sia sfortunata.
Perché il mondo la sterilità non te la perdona. I lieti annunci non finiranno mai, e nemmeno il senso di colpa, se non imparerai a fartene una ragione. Vedrai i figli dei tuoi amici e dei loro figli, vedrai persino i figli dei tuoi nipoti...
E il fatto che io sia meravigliosamente magra, come mi fa notare mia madre quasi per darmi il contentino, non è affatto una consolazione. E' il risultato del logorio che la mia mente m'infligge, del batticuore costante, della colpa che sento per non aver consentito a mia sorella di gioire spensieratamente della sua gravidanza.
Mi spiace tanto, sorellina mia, ma in questo momento sono io, quella da proteggere.

Questo è lo stato d'animo con cui ieri mi sono sottoposta al mio secondo transfer. Ero così a terra che quasi speravo la mia blastocisti solitaria non ce la facesse a scongelarsi, terrorizzata al pensiero di dover affrontare queste due settimane.
Ma lei è stata battagliera, e come Woody Allen nel Dormiglione ha ripreso vita, e così tutto è andato secondo i piani.
Continuo a dirmi che forse avrei dovuto aspettare un altro po', che non sono pronta, che il destino non premia chi coltiva sentimenti negativi.
Ma poi penso a come gira il mondo e mi dico che non c'è un destino, che non c'è un disegno intelligente.
In fondo, è una fortuna che l'intensità dei miei sentimenti mi abbia impedito di essere diplomatica e di nascondere la rabbia e la tristezza. Credo che ammettere come mi sento sia il primo passo verso la guarigione. O almeno lo spero, lo spero davvero.
Affronterò anche questa attesa, con i capogiri, il batticuore e le lacrime sempre in agguato.